Incontro con… Ramesse II
Se potessimo viaggiare con la macchina del tempo.. cosa ci direbbero i grandi personaggi del passato? Su alcuni di loro, molto si è scoperto; grazie a documenti, opere d’arte, invenzioni e testimonianze di chi ha avuto il privilegio di conoscerli dal vero. Eppure, a chi non piacerebbe scambiare 4 chiacchiere con i protagonisti della Storia? Con quello “preferito”, che sui banchi di scuola riaccendeva l’interesse; accanto a lui, tutto il resto sembrava noioso, destinato a ridursi a un ricordo sbiadito. Ma a Torino c’è un luogo dove la Storia non lascia nessuno indifferente. Che ci trascina a più di 3.000 anni fa, in un’epoca dove il mondo degli dei e quello dei mortali si sfioravano continuamente, tra religione, scienza e magia. Dove vita terrena e Aldilà confluivano l’una nell’altra. Dove le leggi dell’uomo si piegavano a quelle del cosmo e dove la Natura dispensava raccolti e ricchezza ma anche calamità e carestie. Dove l’uomo ha imparato a sfidare i suoi limiti, innalzando edifici giganteschi che ancora oggi ci lasciano increduli.
Stiamo parlando del Museo Egizio, il più importante a livello internazionale dopo quello del Cairo. Un Museo nato soprattutto per volontà dei Savoia, attratti dalle “mirabilia” di una cultura non solo “esotica”, per dirla alla maniera del Settecento, ma anche antichissima, esteticamente superiore a tutte le altre e dalle suggestioni visive e simboliche estremamente potenti. Tanto che i Duchi sabaudi vollero convincersi, e convincere, dell’origine egizia della stessa Torino: la città sarebbe stata fondata nella notte dei tempi nientemeno che da un Principe egizio, ispirato dalla visione di un toro, il dio Api, lungo le rive del Po. Verità o leggenda? Probabilmente la seconda. Ma sta di fatto che il Museo rappresenta oggi, per Torino e per l’Italia, un patrimonio dal valore inestimabile, con circa 40.000 reperti conservati, di cui 3.300 esposti al pubblico. Tra questi, le splendide statue di divinità, faraoni e regine che sfilano nella suggestiva Galleria dei Re. Come quella di Ramesse II, tra i più grandi sovrani dell’Antico Egitto, di una bellezza così realistica e seducente che sembra quasi sentirlo parlare…
Il tuo è stato un viaggio “fuori dal comune”.. come sei arrivato fin qui?
“Era il 1824 quando il Carlo Felice di Savoia, Re di Sardegna, decise di “acquistarmi” insieme agli altri reperti raccolti da Bernardino Drovetti, console di Francia in Egitto appassionato di antichità, e di portarmi nella capitale sabauda. Il viaggio fu a dir poco rocambolesco.. Fummo imbarcati su delle enormi chiatte, navigando sul Nilo fino ad Alessandria. Poi spostati sulle navi e trasportati fino a Livorno; da lì, trasferiti su carri da artiglieria, scoperti e trainati da buoi – che manco in Egitto ai miei tempi! – e così portati via terra fino a Torino. L’avventura durò molti giorni ma alla fine ne valse la pena. In questa Galleria, spaziosa e intima allo stesso tempo, mi sento come a casa”.
Anche la tua carriera è stata a dir poco eccezionale?
“Assolutamente! Altro che Tutankhamon.. Si vede che sorrido? Ho governato l’Egitto per oltre 60 anni, espandendone e rafforzandone i confini. Ho fatto costruire nuove città e grandi monumenti, come i famosi templi ad Abu Simbel. Temuto dai nemici e amato dai sudditi. Venerato e ricordato per l’eternità”.
Un'eternità che si esprime anche nella pietra..
“Chi mi ha scolpito è stato un grande artista, superiore a tutti gli altri. Attento a riprodurre, con un tocco di eleganza, i miei veri tratti somatici e i simboli del mio ruolo. Osserva la precisione con cui mi ha disegnato le sopracciglia e le fossette ai lati della bocca. Il naso un po’ aquilino, le guance paffute, la bocca piegata in un sorriso.. magnanimo. Tutto mio padre Sethi I! Anche i dettagli dell’abito che indosso comunicano qualcosa di me”.
A cosa ti riferisci?
“Ma non si studiano più gli Egizi a scuola?! Va beh, per questa volta passi.. Osservate bene.. dalla testa ai piedi. Sul capo porto la corona blu, riservata solo ai grandi condottieri; sulla fronte ho il serpente ureo, simbolo della mia natura divina di faraone. Con la mano destra reggo lo scettro heqa, una specie di pastorale che mi identifica come sovrano ma anche come guida del popolo. Sotto ai miei piedi ecco i nove archi, a ricordo delle nove tribù sconfitte dal mio esercito e sottomesse al mio governo”.
Ai giorni nostri si dice che dietro a un grande uomo ci sia sempre una grande donna..
“Le donne nell’Antico Egitto hanno sempre avuto gli stessi diritti dell’uomo, soprattutto dal punto di vista giuridico. Potevano acquistare ed ereditare beni, sottoscrivere contratti, studiare e ricoprire incarichi di prestigio. Ed io ho avuto la fortuna di sposare la più bella di tutte: Nefertari. Affascinante, intelligente e capace. Una vera Regina. Il Sole sorgeva per lei“.
Anche Ramesse II vi aspetta al Museo Egizio, tra sarcofagi, sfingi, papiri e amuleti. Non vi resta che accettare il suo invito..