Sapori senesi: la cucina di una volta.. sempre alla moda
A volte basta un profumo per essere trasportati in un luogo ben definito, scoperto in un viaggio o vissuto nell’infanzia.
E se c’è un posto dai sapori e dai paesaggi inconfondibili, questo è proprio la Toscana. I suoi prodotti hanno “scollinato” e conquistato il pubblico internazionale, diventando simbolo dell’eccellenza del Food italiano nel mondo. Molti di questi piatti sono parte integrante della cultura senese e, nonostante l’arrivo della nouvel cousine, hanno conservato intatta la loro anima più pura.
Come dimostra la storia dell’Antica Trattoria Papei, un piccolo ristorante nel centro storico di Siena, ad esclusiva conduzione familiare; arrivata alla quarta generazione, di cui tre ancora insieme al comando. La prima fu operativa fin dal 1939, anno di apertura del locale, all’epoca situato nelle vicinanze della Porta dell’Arco. Con l’arrivo della guerra l’attività, in mano al ramo materno della famiglia, venne chiusa; ma il sogno fu rimesso nel cassetto solo per un pò, mai abbandonato del tutto. E così, trent’anni dopo, la Trattoria riapre, questa volta sotto la guida dei nonni paterni; nella Piazza del Mercato, dove si trova tuttora, proprio a due passi dalla famosa Piazza del Campo. Quella degli anni Settanta è ancora la cucina della nonna, un po’ “grave”, per dirla alla toscana, che ama abbondare di olio d’oliva e strutto. Sono i piatti “poveri” senesi, oggi ancora proposti, ma con un tocco di rivisitazione al fine di renderli più leggeri, senza mai snaturarli. Il segreto è puntare sull’alta qualità degli ingredienti, compensando un utilizzo più ridotto dei condimenti, per ottenere piatti gustosi ma non troppo pesanti.
Tra i cavalli di battaglia del ristorante, essenza stessa della cucina senese, c’è la pasta fresca, in particolare i “pici”, alla Cacio e Pepe oppure esaltati dal Ragù di Anatra o di Cinghiale. Pici che in realtà arrivano dalla Val d’Orcia, riproposti dai senesi in una versione tutta locale; a far la differenza è soprattutto l’aglione, una particolare varietà di aglio che cresce a Maggio nel sud della Toscana. A dispetto delle sue notevoli dimensioni, a volte vicine al chilogrammo di peso, vanta un sapore molto più delicato, tanto da essere definito “a prova di bacio”.
Tra le specialità della casa, ci sono poi il Coniglio “in bianco”, preparato con funghi e olive nere, o “all’arrabbiata”, cucinato con una base di aglio e cipolla, entrambi presenti in molte ricette senesi, e peperoncino. Chi ama i sapori più decisi, deve assaggiare anche i tipici Crostini, insaporiti con milza e acciughe, e i Fegatini di Pollo.
Altro must della gastronomia locale è certamente la “Trippa alla Senese” che, a differenza delle altre versioni, prevede l’aggiunta della salsiccia sbriciolata; per non parlare della Ribollita, uno dei piatti più umili del panorama regionale, a base di pane raffermo, cavolo nero e barbabietola. Eppure, l’attenta lavorazione delle materie prime, unita ai segreti della ricetta di famiglia, la rende, accanto alla celebre “Pappa al pomodoro”, tra le portate più consigliate e apprezzate.
Ma non solo frugalità nella cucina senese, anzi; nel Menu tipico sono sempre presenti la celebre Fiorentina e la carne alla brace, insieme alla cacciagione più raffinata, come anatra e fagiana.
Chiacchierando con la famiglia Papei, abbiamo comunque scoperto un ingrediente in più, che la rende davvero eccezionale: il sorriso. Il vero biglietto da visita non solo della trattoria, ma in generale del popolo toscano; uno spirito di accoglienza speciale, in grado di far sentire ogni ospite, da qualunque parte del mondo provenga, come a casa propria. Anche i turisti stranieri, che le prime volte chiudono il pasto con il cappuccino, per poi desistere da questa strana abitudine. Tutti conquistati non solo dai piatti, ma anche dal paesaggio e dal calore dei senesi. Un amore a prima vista.. sempre garantito! E allora non vi resta che passare nella Piazza del Mercato e lasciarvi conquistare dal Menu della Trattoria Papei!
Wine Tips
Nel vocabolario locale e mondiale, le parole “vino” e “Toscana” sono diventate praticamente sinonimi; impossibile pronunciare l’una senza pensare anche all’altra. Colline dolci, clima mite e composizione chimica ideale del suolo: il mix perfetto che ha permesso a questa regione di sviluppare da secoli la viticoltura, e di farlo in maniera eccellente. Ma le potenzialità “naturali” del territorio da sole non bastano; indispensabile è stato, e continua ad esserlo, il ruolo dell’uomo, che dalla vigna alla cantina, con ricerca, fatica e passione, riesce a trasformare un prodotto della terra in un capolavoro di aromi e sensazioni.
Sull’intera regione sono quasi 60.000 gli ettari consacrati al vigneto, da cui nascono, accanto a quelle più note, tante altre etichette eccezionali, più o meno conosciute, specchio di una tradizione enologica che unisce qualità, quantità e varietà.
A spiccare su tutti sono senza dubbio i vini rossi, alcuni diventati un vero “status symbol” per gli esperti del “bere bene” e per gli amanti dell’ “Italian style” nel mondo: Chianti, Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano. Tra i bianchi doveroso citare la Vernaccia di San Gimignano; come vino da dessert, il famoso Vin Santo, perfetto per inzupparci i Cantucci Senesi a fine pasto.
Il Chianti, o meglio “i Chianti”, di cui si parla per la prima volta nel Trecento, nascono principalmente da uve Sangiovese; si tratta del vitigno a bacca nera più diffuso in Italia, a cui si aggiungono piccole percentuali di Canaiolo Nero e Malvasia Bianca. La versione al plurale si spiega col fatto che di Chianti ne esistono più tipologie, sette delle quali certificate DOCG, tra cui la sottozona dei Colli Senesi; a queste si aggiunge il Chianti Classico, prodotto nell’area più antica e tradizionale della Toscana. Grazie al suo aroma fruttato, tannico e caldo, il Chianti accompagna perfettamente i piatti saporiti della cucina locale, in particolare i Crostini, i pici Cacio e Pepe, i maltagliati al ragù di cinghiale e il coniglio preparato “alla senese”, in bianco o all’arrabbiata.
Per la bistecca Fiorentina o la tagliata, consigliamo invece un bel calice di Brunello di Montalcino, vino decisamente più corposo; prodotto con uve Sangiovese Grosso vinificate in purezza, arriva sul mercato dopo almeno 5 anni di invecchiamento, di cui minimo due in botti di legno.
Assolutamente imperdibile anche il Vino Nobile di Montepulciano, altra DOCG della Toscana. Nasce quasi totalmente dal vitigno Prugnolo Gentile, nome dato al Sangiovese nel comune di Montepulciano, con possibilità di aggiunta di altre uve permesse dal disciplinare. Insieme al Brunello di Montalcino, rientra tra i cosiddetti “supertuscans”, vini di buon corpo e dalla struttura complessa, che richiedono una lunga fermentazione e un paziente affinamento in legno. Anche lui consigliatissimo in abbinamento a carni rosse saporite, cacciagione e selvaggina.
Non resta che stappare, lasciar decantare e infine degustare.. meglio ancora se circondati dagli affascinanti paesaggi della campagna senese.