Chi dice di esser stato a Siena ma non si è mai seduto in Piazza del Campo, è come se la città l’avesse vista solo a metà. Fermarsi nella famosa piazza “a conchiglia”, unica al mondo, per mangiarsi un gelato, fare quattro chiacchiere o prendere il sole, è un’abitudine di ogni senese che si rispetti, imitata anche dai turisti più “disinibiti”. Ma non al tavolino di un bar o su una panchina; per terra, come in un anfiteatro, tra le fasce di travertino bianco che ne tracciano i nove spicchi. Sul palco, lo spettacolo offerto da un centro medievale intatto, con il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia. Intorno, una ragnatela di vicoli con torri e case-forti, tutte pietra e mattoni, testimoni della Siena del Duecento e del Trecento arrivata al suo massimo splendore.
Cronache storiche e “puristi” ci vedono nel “Campo” anche la forma di un mantello.
È quello della Madonna, che protegge la città; a Maria, non a caso, è dedicato il Palio, l’evento senese per antonomasia, che si svolge proprio nella piazza con la doppia corsa di Luglio e Agosto. Difficile rialzarsi e lasciare questa vista. Ma se è per raggiungere il Duomo dell’Assunta ne vale la pena. Costruito più di 700 anni fa, a trovarselo di fronte mette ancora soggezione. I blocchi di marmo bianco e verde, con l’aggiunta del rosso in facciata, danno vita a una struttura possente ma anche slanciata ed elegante. Entrando, lo sguardo rimbalza da un angolo all’altro; a cominciare dal pavimento, con i suoi preziosi intarsi, fino alle vetrate e alle volte del soffitto; e dopo, gli affreschi del Pinturicchio, il pulpito di Nicola Pisano, i capolavori di Donatello, Michelangelo, Bernini..
Ma la meraviglia di Siena si nasconde anche nei luoghi meno turistici, tra vicoli, orti, e fontanelle; dove restano vive le leggende più genuine. Come l’Orto de Pecci, in Via Porta Giustizia, a 500 metri da Piazza del Campo. Un’attenta ricostruzione di un orto medievale, molto diverso dai comuni giardini: vi crescono ortaggi ed erbe aromatiche del periodo, accanto a piante officinali e tintorie, utilizzate all’epoca a scopo medico e per la lavorazione dei tessuti. Lavanda, zafferano, aneto.. niente mais, patate, zucche e pomodori, arrivati in Europa dopo la scoperta dell’America. Durante il Medioevo erano i condannati a morte a transitare per l’orto: uscivano dalle Prigioni, allora situate nella vicina Piazza del Mercato, e passando per l’antica Porta Giustizia arrivavano direttamente alle forche.
Del resto, anche i nomi dei vicoli e dei palazzi vicini non promettono nulla di buono, come Via dei Malcontenti o Palazzo del Diavolo Rosso, che sfoggia la scultura di una testa mozzata all’interno di una gabbia.
E’ quella dell’antiquario Giuseppe Mazzoni, immortalato in un curioso autoritratto: “decapitato” e con lo sguardo minaccioso rivolto alla banca del Monte dei Paschi che, a causa di un tracollo finanziario, lo aveva quasi mandato in rovina. Ma è intorno alle fontanelle che sopravvive forse la tradizione più “sanguigna” dei senesi, quella legata all’amatissimo Palio. Diciassette sono le contrade cittadine, che assomigliano in realtà a tanti borghi separati, circondati da mura invisibili. Sempre un po’ in guerra, anche in tempo di pace. Ciascuna con usi, motti e colori diversi, gelosamente custoditi, e provvista di una piccola fontana che ne rappresenta il nome e la storia. Qui si celebra il “battesimo” dei piccoli senesi: si “benedice” il bimbo con l’acqua e gli si annoda intorno al collo il fazzoletto della contrada. Un’iniziazione, un patto; un legame che durerà per tutta la vita. La fontana più antica? Quella della Chiocciola, del 1947, che si dice getti vino in caso di vittoria. Quella del Bruco invece raffigura Barbicone, il capopopolo della contrada, che nel Trecento guidò la rivolta dei lanai, ridotti in schiavitù, contro i governanti. Fantasiose quelle dell’Onda, con il delfino, e della Tartuca, dove un bimbo è ritratto a giocare con una grossa tartaruga.
“Il sogno di ogni senese è vivere a Siena e morire a Siena”, si dice da queste parti. Come dargli torto?